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Storia

La gomma del governo:
come gli americani vinsero la guerra

Il 27 giugno 1942 il Presidente degli Stati Uniti, F.D. Roosevelt, parlò alla radio alla nazione, e rivolse al popolo americano l'urgente appello di consegnare presso le 40.000 stazioni di servizio del paese tutti gli oggetti in gomma disponibili, dai copertoni usati ai giocattoli...

di Paolo Maltese

Con lo scoppio della guerra, sei mesi prima, gli Stati Uniti erano stati completamente tagliati fuori dalla fornitura di gomma naturale dai paesi dell'Estremo Oriente occupati dal Giappone e disponevano di una produzione propria di appena 8.400 t/a di elastomeri di sintesi, a fronte di un consumo di 600.000 t/a in tempo di pace e di un milione di t/a nelle condizioni critiche di un conflitto. L'appello venne pronunciato in un momento molto critico: nell'Africa del Nord le truppe dell'Asse avanzavano verso Il Cairo, in Russia un gruppo di armate tedesche marciava verso i pozzi petroliferi del Caucaso, in estremo Oriente i giapponesi, dopo la catastrofe della flotta americana a Pearl Harbour, avevano occupato tutti i territori da cui proveniva l'approvvigionamento di gomma naturale, unica fonte a quell'epoca di questo vitale elastomero.
L'appello portò 457.000 tonnellate di gomma usata, solo per metà ricuperabile, e fu seguito da altre consegne fino a 1.100.000 t nel corso di un anno; la gomma di recupero era tuttavia del tutto insufficiente per sostenere una lunga guerra su due vastissimi fronti. Le parole di Bernard Baruch, Presidente del Comitato per la Gomma, che seguirono a breve distanza, non lasciarono ombra di dubbio: "Se non saremo in grado di produrre rapidamente una grande quantità di gomma di sintesi il nostro sforzo bellico e la nostra economia andranno al collasso".
La storia di come gli Stati Uniti arrivarono ad una simile situazione e di come l'abbiano superata è la storia di gravissimi errori di valutazione politico-strategica, ma è anche la storia della più grande impresa chimica industriale di tutti i tempi.

 

La scoperta della gomma

Di ritorno dal Nuovo Mondo, Colombo portò un nuovo materiale ottenuto dal lattice di una pianta che gli indigeni dell'Amazzonia chiamavano "Cahutchu" (legno piangente), che possedeva proprietà elastiche ma che acquistò importanza industriale soltanto 300 anni dopo, a seguito della scoperta casuale della vulcanizzazione (1839). Da quel momento la crescente applicazione industriale del nuovo materiale e gli interessi degli europei in Estremo Oriente spinsero gli inglesi a trapiantare i semi della pianta (Hevea Brasiliensis) dall'Amazzonia a Ceylon, e a razionalizzare la cultura delle piantagioni e la raccolta del lattice (H. Wickam, 1876; H. Ridley, 1888) in una vasta area che comprendeva le Indie Orientali Olandesi, Sumatra, Malacca ecc.
Con la scoperta del petrolio negli Stati Uniti (1859) e la fabbricazione del motore a scoppio (1885) iniziò alla fine del secolo scorso la motorizzazione, con conseguente richiesta di grandi quantitativi di gomma naturale. La formazione dello "Stevenson Restriction Scheme" (Cartello della Gomma inglese) all'inizio negli anni venti di questo secolo spinse gli Stati Uniti, divenuti i più grandi consumatori di gomma (75% della produzione mondiale dopo la prima guerra) ad estendere le piantagioni di gomma in altre aree -Panama, Costarica, Liberia, Filippine - ma essi rimasero comunque totalmente dipendenti dall'estero e soprattutto dall'Estremo Oriente fino all'inizio delle ostilità col Giappone nel 1941.

 

All’origine della gomma sintetica

A seguito delle ricerche di Faraday, che nel 1826 aveva attribuito alla gomma naturale la formula (C5H8)x, e di Williams, che nel 1860 aveva individuato nell'isoprene (C5H8) il costituente della gomma naturale, Tilden ottenne nel 1884 un elastomero identico alla gomma naturale partendo dall'isoprene. L'isoprene non era però agevolmente ottenibile per sintesi, e d'altra parte l'abbondanza della gomma naturale sul mercato non ne rendeva necessaria una produzione per sintesi, almeno in quei paesi le cui economie si basavano su grandi flussi di approvvigionamento via mare.
Ben diversa era la situazione in Europa, come era stato drammaticamente mostrato durante la prima Guerra Mondiale. Russia e Germania, preoccupate del blocco delle forniture, avevano già da anni puntato sulla sintesi chimica della gomma: la Russia aveva polimerizzato il butadiene (Lebedev, 1910), con il sodio come catalizzatore; la scoperta di questo processo era stata casuale, dovuta al normale impiego di sodio come disidratante dei composti organici che, nel caso del butadiene, ne aveva provocato la polimerizzazione. La Germania aveva polimerizzato il dimetilbutadiene (Gomma Metile) nel 1916, con tempi di polimerizzazione di 2-6 mesi; ne furono prodotte in totale appena 2.350 t, ma le proprietà erano così scadenti da decretare la fine del progetto al termine delle ostilità.
Nel 1926, in virtù dell'aumento del prezzo della gomma sintetica (Piano Stevenson), l'industria tedesca riprese gli studi sugli elastomeri di sintesi. In quel periodo le più importanti industrie tedesche confluirono nella I.G. Farbenindustrie, dotata di una fortissima struttura di ricerca e quindi capace di affrontare il problema. Il dimetilbutadiene fu scartato per le modeste proprietà dell'elastomero ottenuto, mentre l'isoprene fu messo da parte per l'alto costo della sintesi; il butadiene venne quindi scelto come diene base.

La ricerca in Germania

La ricerca sulla polimerizzazione riprese inizialmente mediante la catalisi anionica a base di sodio in solvente (Buna), e successivamente mediante catalisi radicalica (perossidi) in emulsione; quest'ultimo processo fu preferito a partire dal 1927 (impiego di emulsionanti a base di acido alchilnaftalensolfonico). Tuttavia le caratteristiche della gomma ottenuta erano molto scadenti dal punto di vista della processabilità, e quindi si optò per la copolimerizzazione: stirolo e acrilonitrile risultarono i comonomeri più importanti (Buna-S, Buna-N).
Con l'avvento del regime nazional-socialista, la Germania puntò ad una propria indipendenza dall'estero e sviluppò intensamente la produzione di gomma sintetica. Successivamente si constatò che nella fabbricazione sperimentale di pneumatici la Buna-S dava risultati inferiori rispetto alla gomma naturale e fu per imposizione dello stesso Governo tedesco che la sperimentazione ai livelli di ricerca, produzione e applicazione procedette fino a pervenire ad un certo successo nel 1938. Un altro risultato positivo si ottenne con la Buna-N per applicazioni speciali (resistenza agli oli e grassi).
Nel 1931 I.G. sintetizzò un nuovo polimero, il poliisobutilene (PIB), mediante catalisi cationica dell'isobutilene (fluoruro di boro) a bassa temperatura (- 75 ÷ -100°C), che fu inizialmente sperimentato negli Stati Uniti come oligomero per la regolazione della viscosità dei lubrificanti (indipendente dalla temperatura). Il PIB non era però vulcanizzabile e, quindi, nel 1937 fu copolimerizzato con un diene (butadiene, isoprene), dando così origine ad un polimero vulcanizzabile (Gomma Butile), che però non risultò adatto per i copertoni bensì per le camere d'aria, data la sua elevata impermeabilità ai gas (1942). Lo studio dell'isobutene costituì, casualmente, la base per la produzione di benzina ad alto numero di ottano: infatti, nel 1935 l'isobutene ottenuto dai gas di raffineria fu convertito dalla Standard Oil (Stati Uniti) in diisobutene e questo venne idrogenato a isottano indispensabile, assieme al piombo tetraetile, per la produzione di benzina avio ad alto numero di ottano (100).
Negli stessi anni Staudinger, chimico organico, lavorando sulla gomma naturale introdusse i principi della chimica macromolecolare (1925), mentre Mark e Guth, chimico fisici, elaborarono la celebre equazione di stato relativa all’elasticità entropica della gomma (1934); l'industria tedesca degli elastomeri di sintesi ricevette da questi lavori scientifici un importante supporto alla ricerca applicata.
Nello stesso periodo, negli Stati Uniti la ricerca industriale portò alla sintesi di due nuovi polimeri elastomerici, il neoprene (Carothers, DuPont) e il Thiocol, nonché di un polimero termoplastico fibrogeno, il nylon (Carothers, Du Pont).
Infine, negli anni '20 - '30 la ricerca chimica in Germania non si limitò ai risultati già conseguiti - che avrebbero avuto imponenti conseguenze sull'intera economia mondiale – ma, puntando sulla propria abbondanza di carbone, mise a punto su scala pilota e successivamente su scala industriale due sintesi rivoluzionarie di idrocarburi petroliferi a partire dal carbone: il processo Bergius di idrogenazione del carbone (1913), e il processo Fischer-Tropsch di gasificazione del carbone (1922), con produzione di idrocarburi dal gas (CO + H2) così ottenuto.

 

L'accordo Standard Oil - I.G. Farbenindustrie

L'insieme degli eventi che portarono a introdurre negli stati Uniti due dei più grandi risultati della ricerca chimica tedesca ha radici lontane, nel commercio estero degli Stati Uniti. Dopo la prima Guerra Mondiale, Standard Oil (oggi Exxon) costituì in Germania una società commerciale per la vendita del petrolio e derivati. Dopo qualche tempo, la società americana cominciò a ricevere dalla consociata tedesca importanti segnalazioni relative ai successi della ricerca chimica tedesca nei campi della sintesi di idrocarburi dal carbone e della sintesi degli elastomeri. Nella primavera del 1925, inoltre, la Standard Oil ricevette una richiesta di visita dei suoi impianti petroliferi da parte di una delegazione tedesca della I.G., poiché era intenzione del Chairman della I.G., Dr. C. Bosch, rendere la Germania indipendente dal petrolio mediante la produzione di idrocarburi dal carbone. Fu questo l'inizio di una serie di incontri e visite reciproche che evidenziarono tre fattori cruciali: l'eccellenza dei risultati della ricerca chimica tedesca condotta con grandissimo impegno di mezzi e personale, in base alla quale si poteva ottenere petrolio da qualsiasi fonte di carbonio organico; la possibilità di incrementare fortemente la produzione di idrocarburi leggeri (benzina), in continua e crescente richiesta, mediante idrocracking delle frazioni pesanti del petrolio, specialmente in considerazione del fatto che gli Stati Uniti ritenevano allora di avere riserve di petrolio soltanto per altri 7 anni; d'altra parte, le imponenti dimensioni dell'industria del petrolio ridimensionarono alquanto le idee tedesche relative ad una illimitata estensione della sintesi di petrolio dal carbone.
A seguito di queste constatazioni, Standard Oil decise comunque di creare un importante complesso di ricerca sulla idrogenazione delle frazioni pesanti del greggio, basato sulle ricerche chimiche di laboratorio e la loro applicazione in impianti pilota: una struttura chimico-ingegneristica (1927) che si sarebbe rilevata preziosa negli anni della crisi.
Gli incontri, le visite reciproche e le trattative con I.G. proseguirono per vari anni e si conclusero con un accordo generale (1929-1930) che portò alla costituzione di una società mista paritetica, la Joint American Study Company (JASCO), per lo studio e lo sviluppo di nuovi derivati del petrolio. L'accordo prevedeva anche l'estensione ad altri prodotti fra i quali la sintesi degli elastomeri. La crisi del 1929, la scoperta di nuovi immensi giacimenti di petrolio nel Texas ed il crollo del prezzo della gomma lasciarono la situazione ferma per alcuni anni, ma verso la fine degli anni '30 il deterioramento della congiuntura mondiale avrebbe trasformato la JASCO nel punto focale per lo sviluppo della gomma di sintesi negli Stati Uniti.

 

Gli anni della crisi: 1939-1941

Verso al fine degli anni '30, con l'aggravarsi della situazione generale in Europa e in Estremo Oriente, alcuni settori militari americani manifestarono interesse verso la gomma di sintesi per pneumatici, sperimentata da cinque industrie del ramo, di cui iniziava negli Stati Uniti una modesta produzione su scala pilota. Si tenga infatti presente che alla fine del 1941 gli Stati Uniti avevano una produzione di elastomeri di sintesi di 8.383 ton/a, pari allo 0,8% del consumo di gomma in un anno.
La caduta della Francia nel giungo 1940 pose sia pure tardivamente in movimento alcune strutture governative americane e nell'agosto dello stesso anno, mentre l'Inghilterra combatteva uno scontro epico contro il blitz aereo tedesco, venne avanzato un piano di produzione di 100.000 t/a di gomma di sintesi presso 12 società del settore, con un impegno di 100 milioni di dollari a carico dello Stato.
Tuttavia, la previsione fu quasi subito ridotta a 40.000 t/a su 4 impianti da 10.000 ton/a ciascuno, dato che il Governo non poteva finanziare il piano per più di 25 milioni di dollari, pari al 75% dei costi. Questa decisione fu in parte dovuta alla fiducia degli Stati Uniti nella propria potenza militare, in parte al timore di una reazione negativa anglo olandese nei confronti di un eventuale cartello americano della gomma, ed in parte alla fiducia in una politica di risparmio e recupero delle proprie riserve di gomma. Idee non condivise né dall'industria, né dalle sfere militari, in quanto in tal modo si sottovalutava la crescente pericolosità della situazione all'inizio del 1941, con la guerra già in corso in Europa da due anni.

Per la produzione di 40.000 t/a di gomma BUNA-S occorrevano gli impianti di butadiene, di stirene, di polimerizzazione e degli ausiliari chimici necessari: i primi due ad opera di società petrolifere e chimiche; il butadiene da butano e butene (deidrogenerazione catalitica, Standard Oil) e da alcool (Union Carbide); lo stirene da benzolo ed etilene; la polimerizzazione ad opera dell'industria della gomma, che avrebbe anche sperimentato il prodotto. Erano inoltre necessari da diciotto a trenta mesi per l'intera realizzazione del piano, sia pure su scala così ridotta.
Continuando a perseverare nell'errore, il 20 febbraio 1941 un memorandum di origine governativa affermava che: "Ancorché tagliata qualsiasi fornitura di gomma, gli Stati Uniti possedevano una riserva sufficiente per tre anni" e, quindi, un mese dopo (28 marzo 1941) fu deciso che i quattro impianti previsti da 10.000 tonnellate annue avrebbero dovuto produrre soltanto 2.500 t/a ciascuno.
Di fronte a questa svolta repentina, l'idea che i tecnici si formarono fu che: " I politici passavano nei loro ragionamenti da A a B e da B a C con una logica così ferrea che alla fine né A né C avevano alcun senso" e fu soltanto per le pressioni dei tecnici che, nell'ottobre del 1941, fu ripreso il piano dei quattro impianti da 10.000 tonnellate ciascuno, già varato un anno prima ed ancora in fase di progetto. Un anno era stato irrimediabilmente perduto, malgrado la guerra in Europa avesse assunto proporzioni gigantesche con l'invasione tedesca della Russia nel giugno del 1941.
All'opposto, in un altro settore di importanza strategica primaria, gli Stati Uniti avevano già avviato fin dal 1939 (Lettera di Einstein al Presidente, agosto 1939) ricerche e piani per la fabbricazione dell'arma atomica, e proprio il 6 dicembre 1941 a Washington il comitato supremo di difesa dava segretamente il via alla costruzione dei giganteschi impianti necessari: era la vigilia dell'estensione della guerra all'intero pianeta.

 

L’America entra in guerra

Alla fine del 1941 il Giappone colpì improvvisamente e con estrema violenza gli Stati Uniti. Il 7 dicembre, dopo una manovra diversiva verso le Aleutine, sei portaerei protette da un’imponente scorta di 200 navi lanciarono sulla flotta americana ancorata alle Hawaii (Pearl Harbour) un attacco devastante da cui si salvarono soltanto tre portaerei, che quel giorno non erano in rada. L'8 dicembre iniziò l'invasione di Hong Kong, della Malacca, di Singapore, della Birmania ed il 10 dicembre fu la volta delle Filippine. Il 10 dicembre, 85 aerei della XXII flotta di stanza a Saigon attaccarono e affondarono in 50 minuti la Prince of Wales e la Repulse, il nucleo della flotta inglese inviata tardivamente a Singapore e senza scorta aerea. Attacchi furono compiuti persino su Ceylon, costringendo la rimanente flotta inglese a ritirarsi sulle più sicure coste dell'Africa.
L'immenso arcipelago delle Indie Olandesi fino alla Nuova Guinea e alla Paupasia era ormai precluso a qualsiasi contatto con gli alleati, e pertanto qualsiasi fornitura di gomma naturale cessò; Ceylon, India, America Latina, ne potevano fornire non più di 130-150 mila tonnellate annue, il 10% del necessario.

La situazione risultò subito molto grave. Era necessario che il paese, ormai in guerra, iniziasse a produrre di punto in bianco 800 mila tonnellate annue di gomma sintetica, senza peraltro arrecare alcun disturbo alle altre produzioni belliche: la produzione di alluminio doveva essere aumentata di sette volte, del magnesio di cento volte, del petrolio di quattro volte (fino a 5 milioni di barili al giorno), le raffinerie dovevano produrre toluene come base per 4.000 tonnellate al giorno di trinitrotoluene. Era inoltre necessario produrre enormi quantità di acciaio di ogni tipo, polietilene, siliconi, polivinilcloruro, nylon per paracadute e tende, atabrina contro la malaria nel Sud Pacifico, D.D.T., penicillina; ultimo ma non meno importante, era necessario produrre in modo segretissimo la bomba atomica. Solo nella prima metà del 1942 il governo compilò ordini alle industrie militari per 100 miliardi di dollari, pari al prodotto interno lordo degli Stati Uniti.
La pianificazione della produzione della gomma sintetica subì un primo balzo in avanti dopo il disastro di Pearl Harbour: già il 20 dicembre 1941 si passò da 40 a 120 mila t/a e, subito dopo, a 400 mila tonnellate; dopo il disastro di Singapore la produzione salì a 600 mila t/a (3 marzo 1942) e infine a 800 mila t/a (21 aprile) .
Le restrizioni al consumo della gomma furono drastiche: la velocità dei veicoli su strada fu imposta a 35 miglia/ora (circa 55 Km/h); fu istituito il controllo dello stato di usura dei pneumatici; la gestione delle riserve di gomma fu posta sotto controllo federale.

 

La reazione dell’America

L'opinione pubblica americana inizialmente non capì che l'attacco a Pearl Harbour avrebbe tagliato fuori il paese dalla fornitura di gomma naturale, ponendo in una gravissima crisi il trasporto su gomma, su cui si basava gran parte dell'economia americana. Si sperava ancora nella forza del dispositivo navale anglo americano, ma con il passare del tempo si comprese pienamente l'entità del disastro.
Nei primi mesi del 1942 l'umiliazione per la grave sconfitta e il timore per l’incombente pericolo provocarono nell'opinione pubblica una violenta reazione ed un'ondata di ira popolare. Fu anzitutto lanciato un duro attacco contro il pool degli industriali che si erano associati per produrre gomma sintetica, sulla base della legge anti-trust, e fu necessario l'intervento diretto del Presidente degli Stati Uniti per bloccarlo (marzo 1942). Successivamente la stampa sferrò un nuovo attacco, che colpì soprattutto la Standard Oil accusata di aver creato un cartello con la I.G. tedesca per monopolizzare l'industria del petrolio e della gomma, impedendo così la produzione da parte di altre industrie e provocando la totale impreparazione del paese nel settore vitale della gomma.
Anche la reazione della comunità tecnico-scientifica fu molto dura nei confronti del potere economico-politico. In un articolo riportato nella rivista Industrial Engineering Chemistry del 1942 si legge, fra l'altro: "è chiaro che ci siamo baloccati troppo a lungo, e che tutti i gruppi interessati dovrebbero essere abbastanza adulti da lasciare cadere le loro divergenze e confluire nel programma per produrre la gomma sintetica senza ulteriori indugi".
Quasi contemporaneamente, l'eccedenza di produzione del frumento e l’inevitabile crisi sui prezzi, attirarono l'attenzione dell'opinione pubblica sul fatto che il grano eccedente si poteva fermentare ad alcool e da questo si poteva ottenere butadiene. A questo punto, il Congresso degli Stati Uniti il 22 luglio 1942 varò una legge in base alla quale butadiene e gomma si sarebbero dovuti produrre in impianti situati presso le aziende agricole, le quali avrebbero risposto direttamente al Congresso.

Di fronte a questa gravissima presa di posizione, il Presidente inviò al Congresso un messaggio di veto rispetto alla legge appena emanata (6 agosto 1942) e, pur riconoscendo che errori erano stati commessi, nominò un comitato costituito da personaggi eminenti come B. Baruch, presidente, ex responsabile della mobilitazione dell'industria americana durante la prima Guerra Mondiale, J. Conant, chimico, presidente della Harward University e il fisico Premio Nobel Compton, presidente del MIT.
Il comitato Baruch nominò 25 fra i più prestigiosi esperti degli Stati Uniti, tra i quali famosi nomi dell'industria e dell'università (Flory, Kolthoff, Marvel, Harkins), e condusse un'indagine a tutto campo che, in meno di un mese, il 10 settembre del 1942 presentò un rapporto accuratissimo ed un piano dettagliato di produzione di elastomeri sintetici.

 

Piano Baruch per la produzione di elastomeri sintetici negli Stati Uniti durante la seconda Guerra Mondiale

Prodotto T/a equivalenti di Buna S Processo
Butadiene

242.000

Alcool (Union Carbide)
Butadiene

50.000

Gas naturale (Phillips Petroleum)
Butadiene

16.000

Butano (Houdry)
Butadiene (a)

283.000

Butene (Cracking petrolio, Standard Oil)
Butadiene (b)

20.000

Cracking gas e idrocarburi (processo di conversione termica o di raffineria)
Butadiene

93.000

a + b
Totale Buna S

705.000

 
Neoprene

49.000

 
Gomma Butile

132.000

 
Totale elastomeri sintetici

886.000

 

 

Il documento riportava fra l'altro: "Le produzioni di acciaio, rame, alluminio, benzina avio sono sufficienti, ma se non assicuriamo rapidamente nuove forniture di gomma il nostro sforzo bellico e la nostra economia andranno al collasso. Il nostro compito è enorme: per il solo 1943 sono necessarie 574.000 tonnellate di gomma per noi, i nostri alleati e per i 27 milioni di automobili americane. Le forniture da America Latina e Africa sono insufficienti. La gomma di recupero può fornire le industrie del riciclaggio fino al 1945. La scorta di gomma per pneumatici è di un milione di tonnellate. Dopo Pearl Harbour abbiamo perduto il 90% delle forniture; la produzione di gomma per compensarle comporterebbe un impiego di 12 anni, dobbiamo farcela in due anni. Questo immane compito sarà possibile soltanto mercé l'impegno e la competenza dei nostri tecnici: l'esecuzione del programma della gomma non è compito del Governo ma dell'Industria".
Il progetto gomma divenne proprietà del Governo che finanziò gli impianti, la ricerca, i brevetti, (700 milioni di dollari): di qui il nome di "Gomma del Governo". (GR-S = Government Rubber-Styrene).

 

Nasce una nuova industria

All'inizio del 1943 la situazione della gomma era ancora confusa: il programma era gigantesco ed estremamente complesso. Vi partecipavano 65 industrie principali oltre a decine di società minori e ad una vastissima rete di trasporti; tuttavia, a metà 1943, i 51 impianti sorti praticamente dal nulla erano già funzionanti e la grande impresa iniziava ad operare.
Questa impresa industriale è stata confrontata, come complessità di pianificazione, coordinamento ed esecuzione, col D-Day, cioè con lo sbarco alleato in Normandia il 6 giugno 1944. Dai giorni bui di Pearl Harbour erano passati solo 18 mesi per l'avvio e 30 mesi per l'equilibrio fra produzione e richiesta; in tempi normali sarebbero stati necessari, come già detto, almeno 12 anni.
Se esaminiamo l’andamento delle produzioni di butadiene, stirene e Buna S si rileva tutto il travaglio che l'immensa macchina industriale statunitense dovette affrontare per risolvere in tempi brevissimi il problema della gomma di sintesi. Nella figura 4, relativa alla situazione negli anni 1941-1945 negli stati Uniti, la curva 1 indica la fortissima caduta della fornitura di gomma naturale dal 1941 in avanti; la curva 2 mostra la produzione di gomma riciclata, che nel 1942-1943 fu una risorsa fondamentale per far fronte alle richieste, assieme alla scorta di gomma naturale in rapido consumo. La curva 3 indica la forte crescita della produzione di gomma sintetica a partire dal 1943, mentre la curva 4 mostra la crisi di disponibilità negli anni critici 1942-1943, nei quali le scorte di gomma naturale, il riciclaggio e l'inizio della produzione di gomma sintetica hanno evitato il disastro.

La figura 5, relativa alle produzioni dei monomeri butadiene e stirene, ha grandissimo interesse: nel 1941 e 1942 non si ebbe alcuna produzione; nel 1943-1944, malgrado la sviluppatissima industria petrolifera, il principale contributo alla produzione di butadiene fu dato dall'alcool (processo Union Carbide) a sua volta ottenuto per il 65% da fermentazione di melasse, per il 15% dal grano, e il 20% da sintesi; infatti, a causa degli enormi ritardi, gli impianti industriali per il butadiene da butano e da buteni non erano ancora pronti. La produzione di alcool industriale negli stati Uniti era di 650.000 t/a nel 1940-41, ma nel maggio 1942 fu portata a 1,8 milioni di tonnellate sia per i consumi civili che per quelli militari.
Molte fabbriche di whiskey furono convertite ad alcool industriale e soltanto ogni tanto ebbero il permesso di produrre liquore. Gli impianti di butadiene da alcool produssero con una resa del 165% rispetto al preventivato, ma dati i costi più alti furono i primi ad essere chiusi dopo la guerra.
La produzione di butadiene da pirolisi di idrocarburi fu facilitata dalla scoperta di un nuovo processo catalitico della Standard Oil, che aumentò la resa in buteni dal 10 al 25%.
Gli impianti per la produzione di butadiene furono complessivamente 17, con una capacità di 622.500 tonnellate annue, quelli per lo stirolo furono 5, gli impianti di polimerizzazione 18 con una potenzialità totale di 705.00 t/a, gli impianti per tutti i prodotti chimici ausiliari necessari all'impresa furono 10.
La figura 6, relativa alla produzione della gomma sintetica, indica che un inizio piuttosto modesto si ebbe nel 1943 per passare poi ad un balzo in avanti nei due anni successivi, quando le sorti del conflitto volsero a favore degli alleati. Il Canada produsse 30 mila tonnellate l'anno di butadiene, 10.000 di stirene e 37.000 di gomma sintetica, in pieno accordo con gli Stati Uniti.

 

La ricerca

Nel decennio 1943-1953 la ricerca sulla gomma negli Stati Uniti fu finanziata dal governo con 56 milioni di dollari (corrispondenti a circa 400 milioni di dollari del 1990). Vi parteciparono numerose istituzioni e industrie: 2 laboratori governativi, fra cui il National Bureau of Standards, 2 istituti privati, 2 istituti di consulenza, 18 università, 29 industrie, con libero scambio di documenti e informazioni, ma con la proibizione di pubblicare i risultati fino alla fine della guerra, cessata la quale furono editi oltre 800 lavori.
la Ricerca Universitaria conseguì risultati che sono vere e proprie pietre miliari nella scienza dei polimeri e che hanno consentito uno sviluppo imponente; se ne considerano soltanto alcuni:

  • la cinetica della polimerizzazione radicalica in emulsione (Harkins, Kolthoff, Morton, Marvel);
    l'impiego di un chain transfer in polimerizzazione (Flory);
  • la valutazione della conformazione, dimensione e peso molecolare dei polimeri (Flory, Debye: metodo della diffusione della luce);
  • l'analisi infrarossa della struttura (Richards, Binder, Field, Kolthoff);
  • le proprietà dinamico-meccaniche (Marvin, Markowitz).

La ricerca industriale ebbe problemi non meno importanti, posto che la gomma GR-S risultò all'inizio inferiore alla gomma naturale:

  • maggiore difficoltà di processing, con minore diminuzione del peso molecolare durante la "masticazione" e il compounding;
  • minore resistenza all'abrasione e a rottura;
  • minori proprietà dinamiche con maggiore isteresi e quindi maggiore riscaldamento nei cicli a flessione, problema serio specie per i copertoni dei mezzi pesanti.

Dopo la guerra, la ricerca industriale conseguì altri risultati di non minore importanza:

  • la scoperta della "gomma fredda", cioè del prodotto della polimerizzazione a bassa temperatura (5°C), che dà macromolecole più lineari, meno ramificate, più lavorabili;
  • la produzione di gomma "oil-extended", cioè trattata con il 25-30% di olio minerale, che ne rende la lavorazione più agevole, pur mantenendone immutate le proprietà;
  • la polimerizzazione stereospecifica dell'isoprene con catalizzatori Ziegler-Natta (1956);
  • la produzione di "gomma artica", col 10% di stirolo anziché il 25%, resistente alle basse temperature.

 

La privatizzazione

Dopo la durissima esperienza della guerra, il governo degli Stati Uniti mantenne in produzione una parte degli impianti di gomma sintetica, mentre altri furono chiusi, ma mantenuti pronti per un rapido avvio, consentendo una rapida ripresa della produzione ai livelli bellici durante la guerra di Corea (1950-1954). Le procedure della messa degli impianti in fermata (ma pronti per una ripresa: "stand-by") hanno costituito un importante capitolo nella storia della gomma di sintesi: il costo dello stand-by è stato pari al 3% all'anno del valore dell'impianto, oltre all'1,4% per lavori di manutenzione, e del 5,5% per la ripresa a pieno regime nel giro di tre mesi.
Dopo la guerra gli impianti furono venduti dal governo ai privati con una certa gradualità e con precise clausole relative agli obblighi che le industrie dovevano assumere nei confronti del governo, e quindi della sicurezza nazionale, specialmente in considerazione del clima di guerra fredda durato 40 anni, nonché della libera competizione sul mercato e del corretto rapporto fra produttori e consumatori.

 

Conclusione

La nascita della nuova industria della gomma sintetica ha segnato l'inizio della grande industria petrolchimica ed è avvenuta in un contesto generale costituito da tre processi: scientifico, tecnologico, politico.
Il processo scientifico è riconducibile alla risoluzione del problema fondamentale del legame chimico ad opera della fisica quantistica nei primi decenni di questo secolo, cui si è associato il travaglio chimico del legame macromolecolare; della ridefinizione del peso molecolare quando lo si riferisce a grandi molecole, del chiarimento del concetto di Colloide. La ricerca sulla gomma ha dato un impulso determinante allo sviluppo della scienza dei polimeri.
Il processo tecnologico ha avuto due aspetti, ambedue vincolanti per la motorizzazione, i carburanti e la gomma: negli Stati Uniti è sorta una grande industria petrolifera, potenziata dal cracking della frazioni pesanti del petrolio; in Germania la mancanza di petrolio ha spinto la chimica a sintetizzarlo a partire dal carbone; sempre in Germania, durante la prima Guerra Mondiale, la chimica tedesca ha iniziato la produzione della gomma sintetica; negli Stati Uniti, durante la seconda Guerra Mondiale, la produzione di gomma sintetica è stata portata alla massima industrializzazione.

Quanto al ruolo sostenuto dalla ricerca scientifica è innegabile che essa sia stata fondamentale per l'industria della gomma, ma è altrettanto innegabile che l'industria abbia avuto un ruolo altrettanto importante nella ricerca applicata e nella realizzazione degli impianti. Oggi la produzione mondiale di gomma di sintesi è pari a 11 milioni di tonnellate l'anno, quella di gomma naturale è di 6,5 milioni di t/a, gli elastomeri termoplastici toccano 1,1 milioni di t/a: i due terzi della produzione sono assorbiti da 800 milioni di autoveicoli.
Infine, il processo politico è consistito in una costante attenzione dei governi tedeschi ai processi industriali che potevano dare alla Germania autonomia in due settori strategici vitali, mentre negli Stati Uniti l'impegno politico è stato molto più tardivo, ma è divenuto imponente sotto la pressione degli eventi bellici.

In estrema sintesi, da tutto il contesto degli eventi sopra descritti emerge il ruolo fondamentale della Scienza, come è stato espresso da Harry Holmes nel suo intervento alla Società Chimica Americana nel 1942, anno della crisi: "Il pubblico americano si attende che il Chimico e l'Ingegnere siano capaci di compiere il miracolo: assicurare la sopravvivenza alla nazione mediante la Scienza.

All'entrata della biblioteca Rochester c'è un'iscrizione scolpita nella pietra che dice:

" Scienza
Maestra della Luce e dell'Energia,
del Tempo, dello Spazio, del Suono,
nemica delle forze
che attentano alla Vita ".

La scienza ha la visione che il pubblico e molti dei suoi leader non hanno: senza questa visione i popoli periscono".

 

Pubblicato su Materie Plastiche ed Elastomeri 03/1999