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Industria

L'industria europea guarda ad Est

Dalle ceneri dell’industria sovietica rinasce a Schkopau, nella Germania orientale, un insediamento chimico ricco di storia e suggestioni. In questo luogo EVC ha inaugurato un nuovo impianto per la produzione di PVC destinato ai mercati dell’Est Europa

di Carlo Latorre

EVC ha inaugurato il 26 maggio scorso il nuovo impianto PVC di Schkopau. Un sito chimico moderno, rinnovato in quasi tutta la dotazione infrastrutturale, che sorge su quello che un tempo era uno dei luoghi storici della chimica tedesca. Si può quasi dire che il PVC sia nato qui, dato che il laboratorio dove questo polimero fu scoperto dista solo pochi chilometri dall’impianto.
Forse per questa ragione, Ettore dell’Isola – Chairman e CEO di EVC – lo ha definito l’"impianto del secolo"; di un secolo, il XX, che si chiude in positivo per l’industria del PVC (nonostante veti ed attacchi da parte degli ambientalisti) ed un nuovo secolo, il XXI, che vedrà profondamente mutata la struttura dei produttori chimici. La stessa collocazione di Schkopau, nella Germania orientale, a pochi chilometri da Lipsia, mostra quelle che saranno le linee di sviluppo dei produttori europei di PVC, rivolti ad est verso un mercato che si svilupperà nei prossimi anni con tassi superiori a quello dell’Europa occidentale.
 

Sessant’anni di storia

Quello che oggi può essere definito il più moderno impianto europeo per la produzione di PVC ha alle spalle una lunga storia industriale. Creato nel 1940, passa dopo la guerra sotto il controllo sovietico (con la Soviet AG) e pochi anni dopo si trasforma in VEB Chemische Werke Buna. Nel 1990, a pochi mesi dalla caduta del muro di Berlino, la società si trasforma in Buna AG preparandosi all’iter di privatizzazione comune a molte industrie dell’Est Europeo.
Un anno dopo, siamo nel 1991, il governo tedesco vara un programma per il salvataggio della chimica della ex Germania Est e cerca partner industriali che siano in grado di gestire questa complessa operazione. Visto lo scarso interesse dei colossi chimici nazionali, forse spaventati dagli investimenti richiesti per bonificare e ristrutturare il sito, il progetto viene affidato a Dow Chemical, che nel 1994 firma una lettera d’intenti con Buna e l’anno successivo acquista l’80% della BSL (frutto della fusione di Buna, Sächsische Olefinwerke e Leuna Polyolefine), avviando un programma di ammodernamento costato – si dice –qualcosa come mille milioni di marchi. Tra l’altro, proprio in questi giorni Dow ha annunciato di aver completato la ricostruzione dell’area, che diviene il principale polo chimico nei nuovi stati federali tedeschi, e di aver rilevato l’intero capitale di BSL.
Non essendo interessata alla produzione di PVC, estraneo al proprio core business, Dow nel 1998 cede le linee per la produzione di questo polimero a EVC, mantenendo però la proprietà dell’annesso impianto VCM; tra le due società viene siglato un contratto di fornitura per il cloruro di vinile monomero, che assicura a EVC una duratura ed affidabile fornitura di materie prime (tutto il VCM prodotto da Dow viene infatti assorbito dagli impianti EVC).
L’impianto acquistato da EVC ha però bisogno di un intervento di ristrutturazione: al momento dell’acquisto produce circa 50mila t/a di E-PVC e 85mila t/a di S-PVC, con tecnologie tutto sommato obsolete. Il progetto di ammodernamento, messo a punto a Porto Marghera nel 1997, prevede l’abbattimento dei fabbricati, la creazione di infrastrutture e reti di trasporto, interventi sulle linee produttive esistenti e la costruzione di un nuovo impianto PVC con tecnologia Inovyl, fiore all’occhiello della ricerca EVC. I lavori iniziano nel 1998, le fondamenta sono completate nel marzo dell’anno successivo, il primo dei tre reattori viene collocato in giugno e la sala di controllo terminata in agosto. L’impianto, operativo alla fine di febbraio di quest’anno, è stato inaugurato ufficialmente, come abbiamo detto, il 26 maggio scorso, dopo due anni di lavori (l’investimento complessivo non è stato invece comunicato).


Capacità quasi triplicata

Il sito EVC di Schkopau ha oggi una capacità produttiva di circa 330mila t/a. 180 mila tonnellate di S-PVC sono frutto del nuovo impianto, mentre il restante è costituito da una linea S-PVC da 100.000 t/a e da una E-PVC (50mila t/a), entrambe risultato della ristrutturazione di impianti esistenti.
Il nuovo impianto utilizza la tecnologia Inovyl 2000, caratterizzata da ridotti tempi di reazione, migliore utilizzo dell’energia e quindi bassi costi di gestione, il tutto combinato con una migliore qualità del polimero ottenuto. Per esaltare le doti di versatilità produttiva, senza pregiudicare le economie di scala, l’impianto di Schkopau utilizza tre diversi reattori di polimerizzazione. Come già accennato, il VCM proviene dagli impianti Dow presenti nello stesso insediamento industriale, mentre il polimero finito non è sottoposto in loco ad ulteriori trattamenti. La compoundazione, come ci ha dichiarato Ettore dell’Isola, sarà probabilmente decentrata nei mercati di destinazione, prevalentemente dell’Est Europa, via via che questi si svilupperanno.
L’operazione Schkopau rientra nelle strategie EVC, miranti a ridurre e razionalizzare il numero dei siti europei salvaguardando la capacità produttiva complessiva; in altre parole, meno impianti, ma più efficienti. Sotto questo aspetto, le tre linee di Schkopau consentiranno di razionalizzare ed ottimizzare anche la gamma di gradi prodotti a Wilhelmshaven, il secondo sito tedesco della società.
Il nuovo sito tedesco è cruciale anche per un altro motivo: la sua posizione, nel cuore dell’Europa, permetterà di servire le emergenti economie dei paesi orientali, ove si prevede una forte crescita dei consumi di PVC.

 

Guardando ad Est

EVC stima infatti che i consumi di PVC in Europa Occidentale aumenteranno, nel prossimo quadriennio, ad un tasso dell’1,4% annuo, in linea con l’andamento della crescita economica. Ben diversa è la prospettiva nei paesi dell’Est Europa, Russia esclusa, ove i consumi di PVC potrebbero viaggiare a tassi del 7-7,5,% sempre su base annua. Si parte da un consumo assoluto inferiore (oggi la domanda di PVC non arriva ad un milione di tonnellate annue contro gli oltre sei dell’Europa Occidentale), ma la ricostruzione dopo cinquant’anni di socialismo e la conseguente ripresa industriale potrebbero favorire, tra le materie plastiche, proprio il PVC, classico polimero da "sbarco", il primo a sostenere lo sviluppo infrastrutturale.
Resta per ora esclusa la Russia, alle prese con una spaventosa crisi economica (si prevede che per almeno 4-5 anni la crescita dei consumi di materie plastiche sarà inferiore a quella degli altri paesi della regione), ma in compenso si affacciano sulla scena economica paesi di antiche tradizioni industriali, sopite ma non del tutto sepolte: Repubblica Ceca, Ungheria, Slovacchia, Paesi Baltici, piccole e grandi repubbliche che guardano alla Comunità Europea per lo sviluppo delle loro economie. Paesi dove il consumo pro capite di PVC si attesta, in media, sui 10-15 kg, contro i circa 70 kg dell’Europa Occidentale e gli oltre 90 kg degli Stati Uniti.

(pubblicato in Agosto 2000)