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Materie Plastiche
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Distribuzione

Concorrenza più che perfetta

I distributori in Italia sono tanti, forse troppi: si parla di oltre 250 operatori per un mercato concentrato prevalente nel Centro Nord della penisola. Le recenti fusioni i grandi produttori e l’avvento del commercio elettronico potrebbero però cambiare le regole del gioco…

di Carlo Latorre

L’Italia è un paese anomalo nel contesto europeo: abbiamo un’industria di piccole-medie dimensioni, molto frammentata e concentrata in un territorio che, prevalentemente, copre il Nord della penisola e la fascia adriatica. Ciò vale per l’industria in generale e ancor più per il settore delle materie plastiche, che conta quasi 10mila aziende trasformatrici.
Non deve stupire, quindi, che la frammentazione del mercato si ripercuota anche sulla distribuzione: secondo alcune stime, peraltro non ufficiali, operano nel nostro paese circa 250 "rivenditori" di materie plastiche e relativi prodotti chimici (additivi, rinforzi, coloranti ecc.), un numero che comprende i distributori puri, non pochi compoundatori, le reti dei grandi produttori ed un numero imprecisato di operatori free-lance. All’incirca una cinquantina di aziende fattura però più di 20 miliardi di lire, mentre la media non arriva ad un giro d’affari annuo di 10 miliardi, considerando che la distribuzione in Italia fattura complessivamente 3,5-4mila miliardi di lire.

Sono tanti? Sono troppi? Difficile dirlo, anche perché per servire capillarmente aziende che spesso comprano un bancale alla volta le grandi rete di distribuzione si rivelano poco efficienti e, in molti casi, non sono neppure interessate.
Se questa è la giustificazione ufficiale, non mancano altre ragioni: una è che la distribuzione spezzettata ha giovato in passato ai produttori, che hanno sfruttato la debolezza contrattuale per strappare condizioni più favorevoli o per immettere sul mercato, approfittando della confusione, destoccaggi, "primette" od altri prodotti di seconda qualità.

 

Rivedere l’organizzazione

"I produttori hanno voluto e non solo tollerato l’eccessiva frammentazione della rete distributiva – ci dichiara Giacomo Scanzi di Arcoplex Trading – e sono oggi gli unici a poter impostare una riorganizzazione che, tutto sommato, è anche nel loro interesse". Senza contare che la recente riorganizzazione della struttura produttiva europea, sviluppatasi attraverso fusioni ed acquisizioni, ha ridotto il numero dei competitori, un fenomeno che inevitabilmente avrà effetto sulle politiche commerciali. Se moltiplicare è facile, dividere lo è meno: "I produttori temono che selezionando più attentamente i distributori possano perdere quote di mercato a favore dei concorrenti – continua Scanzi – Anche perché in una realtà italiana contraddistinta da imprese focalizzate sulla figura di un imprenditore, è difficile seguire la strada delle fusioni e, data la ridotta dimensione media delle aziende, l’acquisizione si prospetta altrettanto improbabile". D’altro canto, vi è un’oggettiva necessità di presentarsi con una copertura nazionale, o quanto meno macroregionale.
Arcoplex ha cercato strade alternative: invece di ampliare la rete attraverso acquisizioni ha puntato sul concetto di network, attivando sinergie con due distributori – Daire e Arcopolimeri – condividendo in parte marchi, magazzini e clienti. L’obiettivo era – ed è tuttora – quello di presentarsi ai produttori con una rete capillare, senza appesantire la struttura aziendale.
Un rapporto che dopo due anni di collaborazione sembra aver dato i risultati sperati: "Abbiamo ampliato il portafoglio clienti e consolidato i volumi di vendita (circa 70mila tonnellate nel 1999) – afferma Scanzi – Soprattutto abbiamo accresciuto la fiducia dei mandatari e dei clienti, che hanno notato un miglioramento complessivo del servizio". Il passo successivo è l’ampliamento della rete per coprire l’intero territorio nazionale.

Informatica e Soddisfazione del cliente nel futuro Arcoplex

Arcoplex Trading è tra le aziende più attive ed innovative nel panorama della distribuzione italiana. Dopo aver costruito un network distributivo nel Nord Italia, la società punta oggi a potenziare la sua presenza con nuovi accordi di collaborazione. Molta attenzione viene posta alle nuove tecnologie informatiche: a tale scopo la società si è recentemente dotata di un sistema informativo SAP R3 che collega le tre strutture aziendali, Arcoplex, Arcoplex Trading ed il magazzino di Bologna. Il tutto per abbreviare i tempi di gestione dell’ordine, le attività amministrative e la logistica. E’ anche in fase di sperimentazione l’interfacciamento diretto con il sistema informatico di alcuni fornitori di materie plastiche, tra cui Montell, per velocizzare il trasferimento degli ordini e seguire in tempo reale l’approntamento dei lotti. Il passo successivo sarà il collegamento con i clienti, che potranno così conoscere in tempo reale lo stato del loro ordine, la disponibilità in magazzino, i tempi di consegna ecc. Un compito non certo facile, dato che Arcoplex ha gestito lo scorso anno qualcosa come 37mila bolle di consegna.
Quest’anno Arcoplex Trading focalizzerà l’attenzione anche sulla Soddisfazione del cliente, un programma che mira a migliorare l’intera gamma dei servizi - prevendita, consegna e post-vendita – quindi ben oltre il mero concetto di Qualità . Il tutto sarà valutato con criteri analitici e servirà come feedback per migliorare costantemente il servizio.

 

Servono regole chiare

Una riduzione del numero dei distributori ufficiali, paradossalmente, rischia di aggravare la confusione. Gli esclusi, infatti, cercherebbero altrove i propri fornitori, aprendo le porte a massicce importazioni dal Far East, o favorendo una diffusione incontrollata di prodotti di seconda scelta spacciati per buoni, con evidenti ripercussioni sulla struttura dei prezzi. Una situazione che potrebbe essere accelerata dall’ingresso dei broker internazionali, capaci di movimentare grandi volumi da una parte all’altra del pianeta.
"Prima di pensare alla concentrazione, occorre fissare delle regole – commenta Scanzi – Regole trasparenti, ma fatte rispettare severamente; in caso contrario sarà il Far West, con capacità produttive in eccesso, scarso controllo sulla qualità dei prodotti e prezzi perennemente compressi". Per esempio, spiega il Direttore di Arcoplex, basterebbe verificare che la resina destinata alla compoundazione non ritorni sul mercato tal quale, oppure si potrebbe distinguere più chiaramente i prodotti di prima e di seconda scelta. "Il produttore dovrebbe preoccuparsi di qualificare meglio il prodotto fuori norma – afferma Scanzi – offrendolo solo agli operatori più affidabili, mentre oggi l’unica preoccupazione è accrescere i volumi di vendita, aumentare la rotazione dei magazzini e saturare le capacità produttive".

In questa situazione i grandi non stanno a guardare: i distributori internazionali già da qualche tempo operano in Italia, dopo aver acquisito piccole e medie imprese esistenti, non sempre con risultati entusiasmanti. In alcuni casi ciò ha spezzettato ancor più l’offerta, poiché alcuni imprenditori, dopo aver ceduto la propria attività, sono tornati sul mercato.
Vi sono anche clamorose inversioni di rotta: l’ultima in ordine di tempo è stato annunciata da Polymerland, società del gruppo General Electric. Dopo aver inventato la distribuzione "ibrida" (struttura indipendente, ancorché di proprietà di un produttore di materie plastiche), la società tornerà nell’ambito del gruppo, fondendosi con la rete di vendita di GE Plastics. Sebbene l’operazione sia stata annunciata come un intervento di razionalizzazione (e in realtà lo è), ciò significa di fatto la chiusura dell’esperienza Polymerland in Italia.

Daire Chemicals si certifica UNI EN ISO 9002

Fondata nel 1982, la società Daire Chemicals di Pianezza (TO) si è dapprima specializzata nella fornitura di materiali polimerici avanzati per applicazioni auto, per coprire in seguito tutti i settori tecnici. In questi anni la società torinese ha ampliato la gamma di prodotti distribuiti, tra cui spiccano i tecnopolimeri di Allied Signal Plastics, API, Asahi Chemical, GE Plastics, RTP Imagineering Plastis, Solvay, Elf Atochem, Phillips 66, Roehm.
Nel luglio dello scorso anno Daire ha ottenuto la certificazione di Qualità secondo le norme UNI EN ISO 9002 per la commercializzazione e distribuzione di polimeri, comprese le attività di assistenza, uno strumento fondamentale per affrontare un mercato che diventa giorno dopo giorno sempre più competitivo.

 

Una via d'uscita: la specializzazione

Un’altra strada per mantenere ed accrescere la competitività in un mercato molto frammentato è puntare sulla specializzazione. Un buon esempio di questa strategia lo offre la società Pietro Carini di Milano, che da oltre 130 anni distribuisce prodotti chimici nel nostro paese. Dopo aver sperimentato negli anni diverse forme di distribuzione, la società si è concentrata su alcune nicchie applicative e di prodotto - tra cui plastificanti, pitture e vernici - diventando leader di mercato nei settori in cui opera. "Occorre distinguere tra commodities e specialità – nota il Direttore Generale Abramo Gianola – nelle prime le strutture più grandi ed articolate tendono ad avere il sopravvento, in virtù di una più efficiente organizzazione logistica e della possibilità di distribuire i costi su grandi volumi, mentre nelle specialità c’è ancora spazio per aziende di medie dimensioni, purché flessibili e specializzate". Specializzazione significa anche una rete di vendita competente, capace di fornire supporto tecnico ed applicativo ai clienti, dalla selezione del prodotto più idoneo per arrivare alla soluzione di eventuali problemi in fase di produzione. Per questa ragione, gli agenti della Carini sono tutti diplomati o laureati in chimica.
"Il mercato italiano è molto diverso da quello francese o tedesco – afferma Antonio Bozzi, Managing Director della società milanese – Per questo i distributori europei, che puntano alla standardizzazione, hanno più o meno successo a seconda del paese in cui operano". E non c’è dubbio che il mercato italiano – oggettivamente più difficile – crei non pochi problemi ai grandi distributori.

Da 130 anni al servizio della chimica

Quattro generazioni si sono date il cambio alla Pietro Carini, società fondata a Milano nel 1868 per la distribuzione in Italia di prodotti chimici. Quattro generazioni che hanno seguito da vicino e contribuito a costruire l’industria chimica italiana, diffondendo nel nostro paese molti marchi stranieri. Oggi la società milanese opera, per quanto riguarda il nostro settore, prevalentemente nei plastificanti e nel coating, con una specializzazione nell’additivazione del PVC, dove ha raggiunto negli anni una posizione di leadership. Tra i marchi rappresentati vanno citati Solutia (ex Monsanto), PPG, Exxon Chemicals, GE-Bayer Silicones, Floridienne Chimie, Sidaplax e Monoplast.
Tra i fattori di successo della Pietro Carini vi è una struttura agile (26 addetti), presenza a livello nazionale con un volume movimentato annuo di 12mila tonnellate, per un giro d’affari di circa 50 miliardi di lire, nonché un’adeguata infrastruttura logistica, che comprende un magazzino attrezzato alle porte di Milano, con 14 silos per liquidi, capace di accogliere tutta la gamma di prodotti chimici, compresi quelli che presentano problemi di sicurezza ambientale.

 

Si fa strada il commercio elettronico

I produttori, nel frattempo, sembrano credere fermamente nel commercio elettronico, vale a dire nella vendita di prodotti per via telematica, sia essa protetta (extranet) o pubblica (Internet). Le tipologie di e-commerce sono diverse: si va dalla semplice acquisizione degli ordini via computer alle aste on-line, dove diversi compratori si confrontano a colpi di rialzi e chi alla fine rilancia di più acquisisce il lotto.
Siti per il commercio elettronico di prodotti chimici sono gestiti sia direttamente dai produttori, sia da organizzazioni indipendenti che trattano più marchi; in quest’ultimo caso, ovviamente, l’offerta è più ampia e la platea potenziale di compratori aumenta.
Uno dei primi esperimenti di e-commerce business-to-business (rivolto cioè ad aziende) di prodotti chimici è i2i (www.i2i.com), un iniziativa di World Economic Forum, organizzazione indipendente specializzata nel commercio elettronico attraverso Internet. Si tratta di un mercato virtuale per la vendita di beni e servizi, che vengono scambiati in tempo reale attraverso il meccanismo dell’asta. "Le vendite all’asta sono uno dei tre segmenti emergenti del commercio elettronico – teorizza Michael W.G. Fix, Presidente e CEO di i2i – un segmento che nel 2002 muoverà un giro d’affari di oltre 50 miliardi di dollari". Servizi analoghi, sviluppati da società indipendenti, sono proposti anche da Chem Connect, CheMatch (www.chematch.com) e yet2.com. Quest’ultima è una nuova società fondata con la’apporto di alcuni grandi colossi, quali DuPont, 3M, AlliedSignal, Boeing, Dow Chemical, Ford, Honeywell, Polaroid, Procter & Gamble e Rockwell. "La partecipazione in yet2.com rientra nei piani strategici di DuPont, che mirano a sfruttare le potenzialità di Internet attraverso una partecipazione nel crescente settore del commercio elettronico", ha dichiarato Erik Fyrwald, Vice president, E-Commerce and Business Development di DuPont (una nuova funzione creata specificatamente per seguire le evoluzioni di questo nuovo tipo di servizi).
Dow Chemical, oltre ad appoggiarsi a Chem Connect per la vendita spot di prodotti, ha attivato un servizio interno, denominato My Account@Dow. Non si tratta in questo caso di un servizio "pubblico", bensì dell’apertura della propria rete informatica SAP ai clienti al fine di consentire l’acquisizione in tempo reale degli ordini, il controllo dell’avanzamento e la verifica della posizione amministrativa. Attualmente My Account@Dow è in fase di sperimentazione presso 200 clienti.
GE Plastics ha invece attivato il programma GEP Global Auction (www.gepauction.com), un servizio di vendita all’asta, su Internet, dei propri prodotti . Ogni lotto di materiale di prima scelta o fuori specifica viene offerto per un tempo limitato (72 ore) con un prezzo iniziale prestabilito; i compratori rilanciano ed alla scadenza del termine l’offerta più alta si aggiudica il lotto. I partecipanti, che devono pre-registrarsi per ricevere la password d’accesso, vengono costantemente informati dei rilanci, potendo così intervenire più volte nella transazione.

 

E in Italia?

Per ora l’Europa resta a guardare, protetta da una diffusione ancora insufficiente delle nuove tecnologie informatiche, un elemento che gioca a favore, soprattutto in Italia, della distribuzione tradizionale. Si stima che a livello mondiale il commercio elettronico di beni e servizi (non solo nel settore chimico) abbia mosso nel 1999 oltre 60mila miliardi di lire, dei quali solo 200-300 miliardi nel ostro paese. Uno scenario destinato a cambiare nei prossimi anni, anche se Internet non è in grado, almeno oggi, di sostituire il prezioso supporto tecnico che i distributori forniscono ai loro clienti. Ma gli scenari tecnologici mutano molto rapidamente e quello che oggi ci sembra impossibile domani sarà probabilmente consuetudine.